IL MONDO
DELLA SCUOLA
PARTE
PRIMA: L’ASILO INFANTILE
E' stato
chiamato "Residence Bellini" l'austero e tozzo palazzo di
Via Peligna,ma per molti torricellani di una certa età resta
sempre l’"Asilo infantile Francesco e Camillo Porreca".
Passando nelle sue vicinanze non si può fare a meno di
tornare con la mente all'infanzia quando,con il grembiulino
e la borsetta di paglia, chi allegro,chi titubante,chi
piangendo, tutti andavano per trascorrervi buona parte della
giornata accol¬ti dalle suore, ogni volta cordiali e
sorridenti, nonostante le non floride condizioni economiche
in cui versavano.
Le ore più belle erano quelle dedicate ai lavoretti
nell'apposita aula, dove si giocava anche con i famosi "mattoncini"
di legno.
I più grandicelli si cimentavano con le prime a¬ste e i
tondini. Quando si avvicinava l'ora del pranzo, dopo aver
lavato le mani, i bimbi con il bavaglino al collo, andavano
al refettorio al canto di "lalalà, lalalà, andiamo a tavola
a desinar".
Anni
40
La foto è stata scattata all’interno
dell’asilo
gestito dalle monache all’incirca nel 1939–1940, durante
“l’adunanza”, ossia la riunione settimanale che le suore
facevano con le ragazze per imparare loro il catechismo
Ma la meritoria opera delle suore non si limitava alla cura
dei piccoli, esse, sebbene costrette ad indossare una specie
di museruola, assai graziosa a vedersi, ma poco pratica
perchè avvolgeva capo e mento, tenevano gli ambienti
costantamente puliti, tutto luccicava: vetri, pavimento,
armadi. Inoltre, nel piano superiore, in un ampio salone, si
trovava il laborato¬rio di ricamo e cucito, in cui tante
ragazze preparavano il corredo di nozze. Quando si
avvicinava il tempo della prima Comunione, una suora per i
maschi e una per le femmine, tenevano le lezioni di
catechismo ( la duttrìne ). Compito ar¬duo per i ragazzi che
dovevano imparare a memoria tutto il contenuto di un
libricino di una trentina di pagine. Infine a Natale era
usanza che le giovani si esibissero in recite e canti e a
chi spettava il compito di preparale? Naturalmente alle
suore! Quindi non è esagerato affermare che quando si
diffuse l'incredibile notizia della loro partenza
defini¬tiva, tutti provarono un profondo rimpianto nei
confronti di chi aveva contribuito a rendere più
sopportabile la non fa¬cile vita del dopoguerra.
PARTE SECONDA: LA SCUOLA ELEMENTARE
I1 grosso
edificio arcinoto a tutti con il nome di "palazzo scolastico"
fu ed è a tutt'oggi, la sede della scuola elementa¬re. Negli
anni '50 ospitava dieci classi divise in sezioni maschili e
femminili (allora Torricella contava 4.000 abi¬tanti). I1
segnale per invitare i ragazzi a recarsi a scuola veniva
dato dalla campanella della chiesa di S. Rocco;
Nella foto, anni “ 50, si vede una parte della chiesa di San
Rocco con il portone di entrata.
La campanella che ogni mattina, alle 8 e mezza,
suonava per richiamare i bambini alla scuola
elementare, era posizionata all’esterno della chiesa
di San Rocco, sul lato destro che dà sul Corso
gli orologi
scarseggiavano e bisognava attendere la Cresima per
riceverne uno in regalo, e non sempre funzionava, infatti si
diceva "lu rellogge de lu cumbàre camìne quand i pare". Dati
i tempi e i mezzi a disposizione, le attività principali
degli alun¬ni consistevano nell'imparare a leggere, scrivere
e far di conto e naturalmente ad assumere un comportamento
rispettoso verso gli altri. Ma le parole e l'esempio spesso
non ba¬stavano per convincere i più recalcitranti e i più
svoglia¬ti, specie nelle classi maschili; allora bisognava
far ricor¬so alla bacchetta che sedava ogni tentativo di
intemperanza. Gli insegnanti erano validamente spalleggiati
dai genitori in quest ' opera "persuaviva". Frasi del tipo "maestre
daie mazz a ssu lazzaròne ca iere 'nza vulute mbarà la
lezzione" erano di uso assai frequente.
La ricreazione, piuttosto chiassosa, si svolgeva tutti i
giorni, tranne in un caso: quando arrivava il direttore da
Casoli. Allora si stabiliva una specie di coprifuoco.
Gli scolari si chinavano sui libri a ripassare tabelline,
guerre puniche, guerre d'indipendenza, area del cerchio,
poe¬sie... Ma qualcuno per nulla preoccupato o per allentare
la tensione, sentenziava all'improvviso: "Signòre maè, io
non ho paura perchè lu direttore va dirètt e l'ispettore
m'arespètt", e giù tutti a ridere.
Poco dopo Guido Palizzi, il bidello, faceva capolino
dall'u¬scio per annunciare il cessato allarme. I1
mantenimento della disciplina richiedeva un certo vigore,
specialmente nelle classi quinte dove stazionavano quattro o
cinque ripetenti che avevano abbondantemente superato l’età
dell’obbligo.
Costoro per niente interessati alle attività didattiche, si
dedicavano a scherzi da caserma come i famigerati gavettoni
sulle porte dei gabinetti nonostante l'assidua sorveglian¬za
di Guido, sempre cordiale con tutti ma pronto a stroncare
qualsiasi tentativo di sovvertire le regole costituite.
Quando l'insegnante si allontanava momentaneamente, il
capo¬classe doveva riferire su eventuali infrazioni: "Signòre
maè, Tonino ha quèldo (rotto) il cangellìno" " Perchè l'hai
fatto?" "Perchè Nicola mi ha cacciato la lingua. Io gli ho
tirato il cangellino, lui si è acciuccato (abbassato ) ed è
finito imbaccio alla lavagna, si è squacciato ed è uscita la
vrenna (crusca)". Un bel castigo per entrambi poneva termine
alla contesa. Que¬sti episodi naturalmente erano marginali e
li abbiamo citati per rendere l'argomento più gradevole ai
lettori. Del resto sarebbe irriguardoso nei confronti degli
insegnanti che operarono a Torricella negli anni '50 e '60,
presentare la scuola elementare come un luogo di trastullo o
di percosse.
A1 contrario si lavorava bene e molto, i maestri erano
esi¬genti e ponevano il massimo impegno nella loro attività.
Si tenga presente che dovevano agire nell'assoluta mancanza
di sussidi didattici, se si eccettua qualche affumicata
car¬tina geografica. Psicologi, pedagogisti insegnanti di
soste¬gno, corsi di aggiornamento, erano di là da venire.
Insomma bisognava arrangiarsi alla bell'e meglio!
Anche per questo rivolgiamo un pensiero di gratitudine a chi
ci aiutò ad ap¬prendere i primi fondamentali elementi del
sapere.
Porreca
I1 più anziano era il maestro Giovanni Verna andato in
pensione all’inizio degli anni '50. A detta di tanti era
seve¬rissimo ,ma "mbarave bone la léttere" (sapeva insegnare).
Poi gli altri : Maria Bruno, Persia Testa, Biuccia e Antonio
Manzi, Olga e Camillo Di Renzo, Antonio Di Jorio, Nicolino
Porreca, Nelda De Laurentiis. Successivamente arrivarono
quelli ''più giovani" Cristinella e Domenico Piccone,
Camillo Di Martino, Elena e Domenico Di Martino, Germana
Piccone. Alcuni di loro purtroppo non sono più fra noi,
perciò li ricordiamo commossi, sicuri di interpretare in tal
modo i sentimenti di molti lettori. Gli esami andavano
affrontati due volte: in terza e in quinta. Prove da
superare: dettato, tema, problema, materie orali. I1 tema,
onde consentire a tutti di riempire almeno una pagina di
quaderno, aveva quasi sempre lo stesso titolo: "Parla del
tuo paese". Proviamo a rileggerne qualcuno nella memoria.
”Il mio paese si chiama Torricella Peligna ed è alto 901
metri sul livello del mare.
Cià 4 chiese: maggiore, Santrocco, Sandantonio e San Camillo.
Cè il munumento dove nella staggione ci vanno i frastieri
che cianno la tosse convulsiva e la mia mamma mi dice: non
ciandare ca sennò la raccogli anche tu. Ma io ci vado lo
stesso perchè mi piace fare a rocila vascielli e a
stagnarola. A me mi piace il mio paese perchè ci sono nato e
poi perchè cè il campo sportivo il corso Umberto 1° e tante
case .”
PARTE TERZA: LA SCUOLA MEDIA
Lo
stabile che accoglieva la Scuola Media si trovava nella ex
Piazza Municipio (oggi Piazza Ettore Troilo); all'esterno
era come tanti altri palazzi, sembrava fatto con avanzi di
altre costruzioni.
All'interno invece presentava una graziosa scalinata ricurva
con balaustre in ferro battuto; le volte erano decorate con
garbo. Chi lo fece erigere tanto tempo prima, ebbe molto più
buon gusto di chi ne decretò 1’abbattimento! Fino al '68 la
scuola media non era obbliga¬toria, dunque chi intendeva
accedervi doveva superare gli esami di "ammissione". Alla
preparazione degli alunni,affin¬chè affrontassero
adeguatamente la prova, pensava l'insegnan¬te di quinta che,
per una modica somma di denaro, nei pomeriggi, da gennaio a
giugno, approfondiva gli argomenti trattati in mattinata in
classe. L'impatto con il nuovo ambiente scolastico non era
dei più incoraggianti: si avvertiva una cer¬ta freddezza
rispetto al clima familiare della scuola prima¬ria; ti
chiamavano per cognome e non per nome; non c'erano le
bacchettate per raddrizzare le teste calde, ma in compen¬so
la minaccia dei voti bassi e delle temutissime note sul
diario o sul registro, facevano molto più male.
1952
Un gruppo di studentesse della scuola media affacciate sul
balcone del bellissimo edificio che ospitava la scuola media
e che ormai non esiste più.
Al suo posto è stata costruita la caserma dei carabinieri.
Una volta, in prima media, all'inizio di ottobre, un
compagno osò chiedere: "Per favore posso andare al gabinetto?".
Non l'avesse mai detto! La giovanissima professoressa, mai
vista dalle nostre parti, andò su tutte le furie. "Ignorante
replicò non sai che
bisogna dire 'Posso andare al bagno?'." Quale fu la gioia
di tutta la classe nell'appurare, una settimana più tardi,
che la prof. in oggetto era stata destinata altrove! A1 suo
posto arrivò il prof. Aristide Gnagnarella, una persona dai
modi garbati che parecchi torricellani ricorderanno con
piacere. Restò poco da noi.
Chi invece volle rimanere a Torricella, fu la prof.ssa
Carmela Giuffrè, la quale ricoprì anche la carica di
preside.
Anno 1961
Festa della preside della scuola media Carmela Giuffrè.
Da sinistra le professoresse Rosinella Piccone Stella,
Paola Paolucci. Poi da sinistra i ragazzi in primo piano
Enrico Di Renzo, Pietro Ottobrini, Gino Crivelli, Antonio
Piccoli. Il ragazzo con il volto coperto da Antonio
Piccoli è Giulio D’Amico. Non si ricorda il nome
del ragazzo alto alla sinistra del crocefisso Da sinistra le
4 ragazze sono Maria Palizzi, Gilda Sciarretta, Laura
Peschi, Ada Ficca.
Il fisarmonicista è Pietro
Antrilli
A differenza delle elementari, quasi tutti gli insegnanti
delle medie provenivano da altre località, fatta eccezione
per il prof. Nicola Ficca e la prof.ssa Flavia Piccone.
Scuola Media – I professori – Nicola Ficca, Flavia
Piccone, Don Francesco Di Pasqua, Matilde Lucani, X,
Gnagnarella, X, Pietro Testa,X,X,X, Cenzina Angelucci
(con la camicetta bianca; nel 1958 era venuta da Paglieta
per insegnare Economia Domestica; nel 1960 ha sposato
l'esattore di Torricella, Vincenzo Piccone, "Vincenzino di
carapelle"), Carmela Giuffrè, X,X,
Molti professori, quelli con la X, non sono di Torricella
Per questo nessuno è stato in grado di riconoscerli.
Le attività eseguite a scuola e i compiti a casa erano
tan¬ti, ma occorre riconoscere che, grazie ad essi ed alla
seve¬ra professionalità dei docenti, gli allievi potevano
acqui¬sire un'ottima preparazione di base molto utile nel
prosieguo degli studi. Ovviamente questo discorso non vale
per i più svogliati i quali preferivano trascorrere il
pomeriggio al campo sportivo e se qualche professore
passeggiando, ap¬pariva inopinatamente alla curva di S.
Antonio, i furbacchioni si acquattavano frettolosamente
dietro le "mucchie” di paglia per sottrarsi ad una sicura
interrogazione il giorno successivo.
IL LATINO
Una
novità assoluta, e non sempre gradita, che i
ragazzi,pro¬venienti dalle elementari si trovavano tra i
piedi, era la lingua latina, frettolosamente liquidata dal
legislatore in occasione dell'istituzione della Scuola Media
obbligatoria. I1 latino è una materia che non ammette vie di
mezzo: o si ama, o si odia.
Un buon 70 per cento propendeva per la seconda ipotesi.
Perciò, quando si svolgevano i compiti in classe, copiose
schiere dei malcapitati scolari, o dovevano rassegnarsi a
fa¬re da soli, e ne veniva fuori una specie di latino
macchero¬nico, oppure dovevano allungare il collo per
adocchiare il foglio di un compagno più bravo.
Ma bisognava superare un ostacolo insormontabile: gli occhi
vigili dell'insegnante pronto a scattare come un falco sulla
povera preda; a volte si verificavano anche delle situazioni
comiche, di fronte alle quali gli stessi proff. non potevano
trattenersi dal ri¬dere. Ad esempio uno scolaro anzichè
tradurre "i mari e i fiumi sfociano negli oceani" scrisse
"Maria e Filomena si tuffano negli oceani".
E ancora: nel corso di un esame di matematica fu chiesto
come si chiamasse l'angolo di 180 gradi, ma l'esaminato
tar¬dava a rispondere. Uno dei prof., per aiutarlo, gli
suggerì: "Ricordati dove mangi" "Ah si fece l'alunno tutto
contento I'an¬golo vaccile".
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